Anagni è una delle più interessanti cittadine d’arte della Ciociaria e del Lazio. Adagiata sopra una dolce collina tufacea a dominio della Valle del Sacco, l’antica Anagnia fu capitale “sacra” dagli Ernici, e, secondo la leggenda, una delle cinque città “ciclopiche” create dal Dio Saturno. Più tardi aderì alla Lega Latina, seguendone le drammatiche sorti: sconfitta nel 306 a.C. dai Romani, perse la propria indipendenza e divenne Municipio dell’Urbe.
Se dell’antico fortilizio megalitico rimangono pochissime tracce, la testimonianza più rilevante del periodo romano, invece, sono (insieme ai resti della cinta muraria in opus quadratum) le grandi volte dei cosiddetti “Arcazzi” di Piscina, di cui però non è stata ancora accertata la funzione né l’esatta origine. Nel Medioevo, dopo essere passata ai Bizantini di Ravenna, la città entrò a far parte del patrimonio della Chiesa (VIII sec.): il Papato, da allora, avrebbe intessuto rapporti privilegiati con Anagni, dove si sarebbe rifugiato durante le lotte contro il Comune romano, prima, e contro l’Impero, poi (dal Duomo di Santa Maria, il 24 marzo 1160, Alessandro III avrebbe scomunicato Federico Barbarossa).
Ma furono i secoli XII, XIII e XIV a segnare indelebilmente la storia della città. A quest’epoca risalgono i monumenti maggiori di Anagni, nonché i personaggi e gli eventi storici più celebri della sua storia, quali Bonifacio VIII e lo “Schiaffo”. Quando si parla di Anagni, infatti, non si può non menzionare Papa Benedetto Caetani (1235-1303), il pontefice nepotista, e strenuo sostenitore della teocrazia, contro cui inveì lo stesso Dante nella Comedia, ponendolo tra i “simoniaci”. Passato alla posterità per la sua corruzione, per la sua astuzia e per la sua cupidigia, questo papa-avvocato, grazie alla formazione giuridica e tramite ignobili accuse di eresia e stregoneria con cui sterminò molti avversari, riuscì ad impossessarsi di numerosi castelli della Ciociaria e della Marittima (come veniva chiamata allora buona parte dell’attuale Provincia di Latina), portando presto il proprio casato a divenire il più potente del Lazio.
E, come è ben noto, vittima del Caetani fu pure un pacifico monaco abruzzese ed uno dei personaggi più misteriosi del Medioevo italiano, e cioè quel Celestino V (di cui non sono ancora stati chiariti i rapporti con l’ambiente templare) che proprio su pressione, o su minaccia, del rampollo anagnino finì col rinunziare alla tiara in favore di questo (1294), per poi essere sempre da lui misteriosamente imprigionato, e forse assassinato, nella lugubre rocca di Fumone. Giunto all’apice del suo potere, tuttavia, il 7 settembre del 1303 Bonifacio VIII subì l’affronto di essere arrestato e imprigionato, nella sua stessa patria e nel suo stesso palazzo, dai francesi guidati da Guglielmo di Nogaret (primo ministro del re Filippo il Bello, insofferente delle intromissioni romane nella politica estera della Francia) e dal rivale e nemico di famiglia Sciarra Colonna, desideroso di porre fine allo strapotere dei Caetani nelle lande a Sud di Roma. Un episodio, questo, che divenne celebre e fu ricordato come lo “Schiaffo di Anagni”, ma che in realtà è ancora avvolto nel mistero. Secondo le più recenti e forse più veritiere ricostruzioni da parte degli storici, il Pontefice non fu effettivamente schiaffeggiato, e ciò per merito dello stesso Nogaret, il quale, preoccupato dei risvolti politici e diplomatici di un simile estremo gesto, fermò provvidamente il guanto ferrato del vendicativo Colonna.
Tuttavia, Bonifacio – che pure fu liberato quasi subito dai suoi stessi amati concittadini - non resistette al trauma dell’insulto, e ne morì pochi giorni dopo a Roma. Ed è proprio alla vicenda dello “Schiaffo” che si ricollega uno dei monumenti più illustri di Anagni, ossia l’essenziale ma elegante Palazzo dei Papi (o Palazzo di Bonifacio VIII), sorto in forme gotiche nei primi decenni del XIII sec. quale residenza baronale della famiglia dei Conti, e abbellito nella facciata da bifore e da un portico con volte a tutto sesto: proprio qui, nella “Sala delle Scacchiere”, avvenne quello che storicamente viene meglio definito l’”Oltraggio”, e nella stessa dimora nel 1230 papa Gregorio IX ospitò Federico II di Svevia. Le sale del Palazzo, visitabili, offrono una discreta documentazione del passato di cui esso fu protagonista, con un sobrio allestimento degli interni che valorizza in primo luogo gli affreschi (sempre duecenteschi) rimasti sopravvissuti, tra cui spicca quello, bellissimo, che dà il nome alla “Sala delle oche”.
In seguito alla morte di Bonifacio VIII, e poi al declino del Papato in Italia nel periodo avignonese, Anagni visse una profonda crisi: venendo meno la tutela politica della Curia ed i commerci legati alla sua stessa presenza, la città subì un forte spopolamento e cadde nell’ambito di feroci contese tra le famiglie feudali laziali. Ma i due secoli precedenti avevano già indelebilmente conformato il suo tessuto urbano e monumentale.
Sempre ai secoli XII e XIII, del resto, risale quello che può essere senza dubbio definito il “vanto artistico” di Anagni, vale a dire la Cattedrale di Santa Maria, situata peraltro nella suggestiva Piazza Innocenzo III, una delle piazze più belle del Lazio, quasi un “salotto dell’Età di Mezzo”, dove si possono ammirare altri notevoli edifici di epoca basso-medievale. Le magnifiche absidi del Duomo, che dominano imponenti l’ampio slargo, rappresentano un vero capolavoro d’architettura romanico-gotica. Non è pertanto un caso se la bellezza della struttura esterna della chiesa (arricchita dalla caratteristica “Loggia di Bonifacio Benedicente”, aggiunta nel Trecento) è utilizzata in estate quale nobile scenografia di un evento artistico di grande successo, quale il prestigioso “Festival del Teatro Medievale e Rinascimentale”. Anche l’alto campanile, ornato di bifore e trifore, costituisce un simbolo della cittadina. Esso si erge staccato in posizione frontale a pochi metri dall’austera facciata in stile romanico-campano (con influssi lombardi), tipico del Lazio meridionale. Non minore il valore dell’interno della chiesa, il quale, benché più volte rimaneggiato, rievoca l’antico abito grazie alle volte gotiche, alle colonne (che separano le tre navate longitudinali), al ciborio romanico, al pavimento cosmatesco e, soprattutto, alla stupenda cripta.
La Cripta di San Magno, infatti, è da annoverare come l’ennesimo capolavoro del medioevo anagnino, tant’è che essa, magnificamente coperta di affreschi d’impronta ermetica raffiguranti vari argomenti biblici (tra cui la Genesi e il Giudizio Universale), è stata a ragione definita la “Cappella Sistina del Duecento”: il fascino del luogo e la bellezza degli affreschi (risalenti al XIII sec. e di autore ignoto) non sono facilmente descrivibili al Lettore, ma basti pensare che si tratta del più alto esempio di questo tipo di architettura nel Lazio e tra i maggiori in Italia. Da notare anche l’annesso Oratorio di San Tommaso Beckett, sorto probabilmente sui resti di un antico tempio dedicato all’enigmatico e settario culto orientale del Dio Mitra, diffusosi a Roma nei secoli dell’Impero.
Annesso alla Cattedrale, è anche l’interessante “Museo del Tesoro”, che conserva, tra l’altro, un “Reliquiario” di San Tommaso. Infine, è degna di menzione anche una leggenda riguardo la costruzione della Cattedrale, a cui rimanda direttamente un curioso altorilievo zoomorfo, presente in alto a destra sul portale centrale della chiesa, che ritrae un bue e un lupo scolpiti in forme rozze e grottesche: si narra di un bue che mentre trainava un carro contenente alcune pietre, necessarie all’edificazione della chiesa, venne aggredito da un feroce lupo, che però, grazie all’intervento miracoloso di Pietro di Salerno, fu non solo prontamente ammansito, ma anzi convinto ad affiancare la sua velleitaria vittima nel suo duro compito.
In Anagni, sempre relativamente all’epoca medievale, considerevole valenza architettonica va conferita pure allo splendido Palazzo Comunale, costruito nel 1159-60 su progetto di Jacopo da Iseo (ma più tardi rinnovato in forme goticheggianti), che presenta una pittoresca serie di arcate sorreggenti l’ampia “Sala della Ragione”, in cui si riunivano i rappresentanti della città. Tale sorta di porticato premetteva peraltro l’accesso alla retrostante Piazza Comunale, ove aveva luogo il mercato e l’amministrazione della Giustizia. Da notare l’elegante “Loggetta del Banditore”, aggiunta nel XV sec., e la presenza di alcuni stemmi nobiliari e comunali anagnini che abbelliscono quella che è la facciata del Palazzo.
Alla fine del XVI secolo, Anagni visse una rinascita, in concomitanza con il rinnovato potere del Papato in Italia: furono operati restauri nel centro storico e venne riorganizzato l’apparato amministrativo. Ma si trattò di una ripresa per lo più materiale, strettamente subordinata alle vicende romane, mentre le antiche prerogative comunali, che nel Medioevo avevano fatto di Anagni una città almeno formalmente indipendente, andarono definitivamente perdute. A conferma di ciò, il Seicento segnò il compimento di questo processo di declino civile e culturale: gran parte dei monumenti medievali anagnini, tra cui la Chiesa di Sant’Andrea e la stessa Cattedrale, subirono senza alcun rispetto pesanti rifacimenti barocchi, secondo una scellerata moda che caratterizzò l’epoca contro-riformistica. Ma il volto medievale di Anagni subì danni ben più gravi durante la Seconda Guerra Mondiale, a causa dei bombardamenti alleati che portarono alla parziale distruzione della città, identica, tragica sorte di quasi tutti gli altri comuni ciociari.
Nonostante le profonde ferite della storia, Anagni è meta sempre più rinomata di un turismo culturale ed ambientale che vi giunge per ammirare gli splendidi e famosi monumenti medievali, spesso attratto anche da eventi e spettacoli di alta qualità. Motivi di forte suggestione sono ovviamente attribuibili ad un centro storico assai ricco di opere d’arte e di scorci caratteristici, in cui convivono, in singolare armonia, elementi architettonici per lo più duecenteschi e settecenteschi.
Accanto ai già citati capolavori anagnini, sono peraltro da ricordare il Palazzo Trajetto, la “Casa pendente” (singolare casa-torre nei pressi del Comune), la Chiesa di Sant’Andrea (conserva l’importante “Trittico del Santo Salvatore” - del XIII secolo), le chiese di Santa Balbina e Sant’Agostino (entrambe duecentesche ma successivamente rimaneggiate), e la Chiesa di San Pietro in Vineis (posta poco fuori dell’abitato e ricca di affreschi d’ispirazione francescana).
Merita infine particolare attenzione la Casa Barnekow, edificio considerato a lungo duecentesco, ma molto probabilmente rinascimentale: la casa, che rappresenta un importante esempio dell’architettura civile anagnina, ed è caratterizzata da una scala esterna e da archi a tutto sesto, prende il nome da quello del nobile svedese Alberto Barkenov, il quale l’acquistò nel corso dell’Ottocento, arricchendola personalmente (pare, ispirato da allucinazioni) con singolari epigrafi ed affreschi di argomento esoterico e mistico. Infine, occorre menzionare alcune porte storiche, di varia epoca, che aprono il circuito delle mura cittadine (queste a tratti ancora ben conservate): la Porta di Santa Maria (a Sud), la Porta di Tufoli (a Nord) e la Porta Cerere (ormai ridotta a puro arco monumentale).